Mario Jannucci nasce a Bergamo il 28 ottobre 1929. Dopo le scuole dell’obbligo, assecondando la sua grande passione per il disegno, frequenta la Scuola d’Arte Applicata “Andrea Fantoni”, poi la Scuola di Nudo all’Accademia Carrara e in contemporanea la Scuola di Pittura presso il maestro Giulio Masseroni. Esordisce in mostre personali nel 1951 a Messina, poi a Bergamo nel 1955 alla Galleria d’Arte “Roma”; nel 1957 alla Galleria Alameda di Montreal (Canada); nel 1959 alla Bleecker Gallery di New York (USA). Nel 1965 si sposa con Iole, persona molto importante, non solo nella vita privata, ma figura significativa anche in quella artistica, che favorendo e supportato le inclinazioni creative di Mario gli ha dato la possibilità di esprimere il suo talento e la sua creatività. In seguito si intensifica l’attività che si evidenzia in esposizioni personali: nel 1974 alla Galleria d’Arte “Fumagalli”; nel 1974, 1975 e 1976 al Centro d’arte “Spazi Nuovi” di Sarnico; nel 1976 alla Galleria Artioli di Treviglio; nel 1977 alla Galleria Arteuropa; nel 1978 alla Galleria d’Arte “Renata” di Monterosso al mare (La Spezia) e alla Ca’ Bianca di Paratico (Brescia); nel 1978, 1980 e 1987 alla Galleria Grafica & Arte; nel 1979 a Caravaggio; nel 1981 a Martinengo; nel 1990 a Brembate Sopra in “Percorsi nell’arte – 40 anni di Pittura” e nel 1992 alla Galleria “Vecchia Bergamo”. Oltre alle mostre personali numerose le partecipazioni a mostre collettive e a concorsi in varie città e province italiane ottenendo premi e riconoscimenti.
Intensa anche la sua partecipazione di maestro illustratore presso varie case editrici, tra cui l’Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Grafica & Arte, Atlas, Minerva Italica. Artista poliedrico, ha inoltre realizzato opere in mosaico, intarsi in legno, ceramica, sculture, sbalzi in rame, graffiti d’arte. Negli anni 1977, 1980 e 1983 pubblica, edita da Grafica & Arte Bergamo, una trilogia di volumi su Bergamo con disegni e acquarelli.
Nel 1985 riceve l’onorificenza di Alfiere del Ducato di Piazza Pontida per meriti artistici. Ha aderito per molti anni all’Associazione Cattolica Artisti Italiani – Sezione di Bergamo partecipando a diverse iniziative.
Ha fatto parte di giurie e commissioni di concorsi di pittura. Protagonista di numerosi articoli pubblicati su stampa nazionale e locale e presente su cataloghi d’arte, le sue opere si trovano in numerose collezioni private. Dopo un’intera vita dedicata all’arte, muore a Bergamo il 21 maggio 2009.
. . . continua a vivere, con e nelle sue opere d’arte . . .
A maggio 2010 in occasione del primo anno dalla scomparsa è protagonista di un articolo dedicato su “La Rivista di Bergamo”, edita da Grafica & Arte Bergamo.
A ottobre 2011 viene pubblicato un libro di vignette umoristiche dal titolo “Morir dal ridere” con la presentazione di Bruno Bozzetto, edito da Grafica & Arte Bergamo.
A maggio 2013 è on line il sito internet.
A giugno 2013 è protagonista di un articolo pubblicato sul quindicinale “Giopì” edito dal Ducato di Piazza Pontida di Bergamo.
A settembre 2013 viene pubblicata l’opera “Pane e Anime” (olio su tela) in un articolo su Frà Tomaso da Olera pubblicato nella pagina “Cultura e tempo libero” del Corriere della Sera.
A maggio 2014 “mariojannucci.it” è presente come sostenitore in occasione della gara di golf a scopo benefico LIVELOVELIVER tenutasi presso il Golf Club Parco dei Colli di Bergamo.
Nell’anno 2014 sui 4 numeri della rivista trimestrale “Geometra Orobico” sono pubblicati, in copertina e in un articolo, acquerelli tratti dal volume “I borghi di Bergamo” edito da Grafica & Arte Bergamo 1984.
A maggio 2015 il sito internet viene aggiornato e implementato nei contenuti.
Nell’anno 2015 sui 4 numeri della rivista trimestrale “Geometra Orobico” sono pubblicati, in copertina e in un articolo, acquerelli tratti dal volume “I borghi di Bergamo” edito da Grafica & Arte Bergamo 1984 (numero 1) e dal volume “Sui Colli di Bergamo” edito da Grafica & Arte Bergamo 1988 (numero 2, 3 e 4).
Un artista serenamente insoddisfatto che di continuo cerca spazi alla versatilità prorompente che è dentro di lui. Timido quasi in maniera esagerata, ripone tutta la sua aggressività nella ricerca mai esaurita di nuovi temi e nuovi modi di esprimere l’arte e le sensazioni che attraverso le opere riesce ad esternare. Osservando i suoi lavori, è immediata la verifica di questa sua volontà inesauribile di produrre stati emotivi, momenti di grande tensione e drammaticità legati al vivere odierno. L’esasperata realtà in cui viviamo e da cui vorremmo liberarci, senza peraltro riuscirvi, per questo artista è quasi un’ossessione che puntualmente ritroviamo nelle sue opere. Mario Jannucci è comunque talmente ricco di stimoli e di desiderio di esternare i contrasti del nostro mondo che perfettamente sviluppa tecniche di assoluta aderenza alle continue evoluzioni dell’arte moderna. Il suo unico e grande interesse è fare arte, scrivere e parlare solo con la forza delle sue opere che indubbiamente sono cariche di forti emozioni e desiderio fortissimo di porre un freno a questa ossessione dilagante della meccanizzazione, della robotizzazione.
Attento ed acuto osservatore della realtà, coglie caratteri salienti ed esasperazioni della vita sociale che ci circonda e manifesta con forza prorompente, una sorta di grande rabbia, a stento frenata, per mettere in discussione i paradossi in cui viviamo. L’auto, divenuta ormai un segno di progresso esasperato, condiziona e porta a situazioni paradossali di aggressività incontrollata che Jannucci porta nelle sue tele, sempre assai realistiche ed obiettivamente allarmanti. L’umanità ormai schiavizzata a causa del degrado e dello sfrenato uso dei mezzi da lei stessa creati, è impotente di fronte a questi mostri che la schiacciano e la divorano senza pietà. Qual è il desiderio più forte di questo artista: quello di essere lasciato in pace, non disturbato dal caotico vivere della nostra società dei consumi; la sua tavolozza ricca di colori a forti vibrazioni cromatiche, riflette una sua sofferta passione, trasmettere un messaggio all’uomo perché rallenti questa folle corsa all’autodistruzione, si fermi finalmente a riflettere sul reale senso dell’essere.
Giorgio Della Chiesa